Museo delle Uniformi delle Truppe alpine. Dove? Nel Forte di Exilles. Difficoltà nella difficoltà. Un tema espositivo difficile in un luogo straordinario, ma sicuramente più scomodo di un museo cittadino. Come fare dunque affinché i visitatori non siano soltanto le lucertole del Forte?
Ecco l’idea: dedicare al museo uno spazio destinato alla memoria e all’emozione dell’oggetto presentato, evitando però di cadere nella retorica del bel presepe. Un’opera, quindi, un’installazione artistica in grado di raccontare la storia per frammenti e per rimandi, ben oltre la fisicità del reperto stesso. Nel nostro caso le uniformi.
Ecco i corpi diventare soldati di pietra, di quella stessa pietra del Forte frantumata. Allineati, i soldati procedono percorrendo immobili la prima parte della cannoniera.
Qui il visitatore li incontra, incorniciati da strutture di voluta rudimentalità, quasi fossero state realizzate dalle loro stesse mani, con la robustezza e la spartanità dei loro accampamenti: ferri grezzi, tele giuntate, assemblaggi semplici, legni non trattati ecc.
Ora un cartello, riproducente un frammento di lettera scritta da un soldato, introduce il visitatore nel secondo grande spazio delle cannoniere, zona della memoria e dell’emozione, dove si ha la presunzione di raccontare chi era e cosa pensava chi indossava le uniformi appena viste. Scultura, scenografia, immagini proiettate a sfondamento creano enormi quadri attraverso i quali si entra diritti nell’intimità, nei pensieri, nelle speranze di quei ragazzi: i soldati del Forte di Exilles. Dai muri, da quegli spessi muri, escono intanto memorie di suoni, di echi, di rumori lontani: altri frammenti.
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